09Dic

Persone. È questa, in sostanza, la parole chiave per il CEO Silvio Campara. Grazie a quelle interne all’azienda, Golden Goose è riuscita a dimostrare il proprio valore anche in tempo di pandemia, portando a casa non solo il closing con Permira, che l’ha acquisita per 1,3 miliardi di euro, ma anche un 2020 in linea con il 2019. Per le persone esterne, e quindi i clienti, la realtà veneta sta invece riorganizzando i negozi, che saranno altamente digitalizzati.

Siete appena stati acquisiti da Permira, proprio a cavallo del Covid. Come è andato questo passaggio?

Abbiamo fatto il signing una settimana prima dell’annuncio del lockdown e il closing a due settimane della sua fine. Ed è interessante capire cosa è successo nel mezzo. I player in campo erano due pesi massimi, Carlyle e Permira, e poi c’era un’azienda che ha dimostrato di avere dei fondamentali che valevano la cifra per cui è stata comprata, ovvero circa 1,3 miliardi di euro, la quale non è stata toccata di un centesimo. A febbraio infatti, subito dopo il lockdown, il problema era che non vedevamo nulla, eravamo impauriti, il governo non c’era. E, in quel momento, è uscita la capacità delle persone.

Cosa avete fatto quindi?

Ci siamo ritrovati a discutere con un’entità che aveva deciso di comprare la nostra azienda che, in quel momento, si ritrovava a non consegnare né fatturare più. Abbiamo quindi chiesto all’azionista cosa preferisse tra fatturato e brand e, dopo il mio sollecito a pensare al brand, il suo appoggio è arrivato in un attimo. A febbraio avevamo appena chiuso la campagna vendite per la main collection, circa 36 milioni di fatturato che, per un’azienda che ha chiuso il 2019 a 262 milioni, era una parte importante. E in tempo zero la visione mi diceva di tagliare tutto, anche perché i nostri ricavi arrivano per l’80% dall’estero e l’Italia si ritrovava ad essere il primo mercato colpito, mentre le altre aree ancora non avevano la sensibilità. A quei tempi i clienti francesi, tedeschi, americani ci chiedevano cosa stessimo facendo. Poi ci hanno ringraziato.

Come andrà questo 2020?

La nostra fortuna è stata aver avuto una solidità di cassa enorme che ci ha dato la possibilità di avere una visibilità nel gestire gli investimenti e le persone. Questo ci porterà ad avere un anno sostanzialmente in pari, quindi 265 milioni contro i 262 dell’anno scorso. Non solo, lo chiuderemo con scaffali vuoti e con i clienti che hanno ancora la stessa fame di prodotto. Diciamo che quest’anno è come se Golden Goose avesse fatto un +30% e ci aspettiamo di avere un 2021 in linea con queste crescite.

Come si stanno comportando i mercati dove siete attivi?

Il nostro fatturato è generato per il 37% circa dall’America, 33% Europa, 30% Asia. Per quanto riguarda quest’ultima, abbiamo molta Corea, pertanto siamo stati molto colpiti perché questa non ha reagito esattamente come la Cina che, invece, essendo stata ben organizzata pre Covid, ha dato un sacco di frutti, aiutandoci molto. Allo stesso modo ci ha aiutato la nostra forte presenza, capillarità e penetrazione nel mercato americano, sia da un punto di vista diretto sia di department store. E la cosa ancora più interessante è stata la resilienza dei retailer europei, soprattutto quelli di fascia alta che, grazie anche all’aiuto di Farfetch, sono riusciti a fare dei numeri incredibili, tanto che noi in sostanza abbiamo chiuso l’ultima campagna estiva sostanzialmente in crescita

L’America, nello specifico, come sta andando? Qual è l’approccio rispetto agli europei?

Questa pandemia ha dato riscontro di quanto sia importante il consumo per gli americani. Ci siamo resi conto che è stato più impattante il tema del Black Lives Matter o delle elezioni che il Covid. I grossi drop di fatturato li abbiamo registrati più per elementi legati alle persone che non legati alla pandemia. Come azienda che ha quasi 200 dipendenti negli Stati Uniti, abbiamo visto che la pandemia è stata vissuta più a livello personale che di comunità, e quindi in modo differente rispetto all’Italia, e questo ha fatto sì che l’atteggiamento verso i consumi fosse diverso.

E per quanto riguarda l’e-commerce?

L’online una volta serviva a vendere, ora serve a molto di più. Tutti siamo cresciuti in un mondo guidato da place, price, promotion e product, oggi invece, per via del Covid, il mondo si è evoluto in un attimo. Il nuovo prodotto è il consumatore, il nuovo place sono le community, i nuovi promotion sono le conversation e il nuovo price è la consideration. Ci spostiamo dal mondo delle quattro ‘p’ al mondo delle quattro ‘c’, promosso dalle people interne ed esterne, anche perché le conversation non è tanto quante ne fai, ma cosa dici, che per il consumatore conta tantissimo. Oggi la conversazione deve portare un’azione. Le nuove generazioni richiedono che ci sia un’azione, quindi il concetto di call to action è fondamentale. Il passaggio che il Covid ha imposto alle aziende è quello di passare da un’epoca in cui le persone erano importanti a un’epoca in cui sono rilevanti, che è molto diverso. Tutti infatti vogliamo un pezzo di noi in ogni cosa che facciamo e compriamo.

E il ‘fisico’ come si colloca in tutto ciò? Il fisico ancora più di ieri è super importante perché se c’è una cosa che non si potrà mai fare digitalmente è ‘toccare’. La possibilità di riuscire a co-creare sia da un punto di vista intellettuale che di prodotto può succedere solo nel contesto fisico. Per questo noi stiamo trasformando i nostri negozi in una rete di broadcast. Nascerà quindi la Golden Goose Digital Broadcast, nella quale i nostri store diventeranno luoghi in cui creare contenuti insieme ai clienti.

Quindi avete in programma nuove aperture? Si, e poi in questo momento è fondamentale perché si possono portare a casa a condizioni eccezionali. Raddoppieremo infatti a Milano aprendo in Montenapoleone.

fonte: Pambianco News